Da un punto di vista della crescita capillare, si possono distinguere tre fasi di vita del capello, il cosiddetto CICLO vitale:
ANAGEN, ossia la Fase di crescita, durante la quale il capello cresce costantemente, questa fase può durare, in condizioni normali, dai 3 ai 6 anni.
CATAGEN, ossia la Fase di riposo, durante la quale il capello smette di crescere, questa fase dura circa tre settimane.
TELOGEN, ossia la Fase di eliminazione, durante la quale il capello, ormai morto, viene gradualmente “spinto” via dal nuovo capello che sta crescendo all’interno del cuoio capelluto. Al termine di questa fase, che dura circa tre mesi, il capello si stacca spontaneamente e cade.
In condizioni normali, circa l’85% dei capelli si trovano in fase di crescita, il 5% in fase di riposo ed il restante 10% in fase di eliminazione.
La loro velocità di crescita varia da 1 cm a 1,5cm /mese, in relazione al soggetto, alla sua età od a particolari eventi che possono verificarsi nell’arco della vita (positivi o negativi).
Ogni giorno perdiamo mediamente dai 50 agli 80 capelli, spesso senza accorgersi, tranne quando li sottoponiamo a lavaggio o spazzolatura, perché in questo modo favoriamo il distacco di quelli “pericolanti”, che sarebbero comunque caduti.
Il fenomeno è particolarmente evidente nel caso dei capelli ricci, che, per ovvi motivi, vengono pettinati solo in fase di lavaggio.
Con l’avanzare dell’età, si verifica un rallentamento ed una modifica nell’attività della radice, in modo del tutto parallelo a quanto accade alla pelle.
Il ritmo del rinnovamento cellulare cala, i capelli crescono meno velocemente, le fibre di collagene tendono ad indurirsi progressivamente e tutto questo fa sì che la radice produca dei capelli più sottili e fragili. Inoltre, qualche radice comincia ad esaurire la sua “riserva” di capelli e si atrofizza.
La conseguenza è che, dopo una certa età, il numero di capelli per centimetro quadrato diminuisce (di circa il 10% ogni 10 anni).
Il fenomeno dell’invecchiamento dei capelli riguarda tutti, uomini e donne, ma, presso alcuni uomini progredisce molto più rapidamente, portandoli ad una calvizie precoce.
La constatazione che, in autunno, ci sia un ingente aumento nel numero dei capelli che cadono, sembra trovare riscontro in alcune recenti ipotesi scientifiche: l’imputato numero uno sembrerebbe essere il picco di ore di luce cui siamo sottoposti nel periodo estivo.
Nella specie umana, si verificherebbe in sostanza, per effetto di un ricordo ancestrale, un fenomeno simile a quello della muta invernale, che si riscontra nei mammiferi, a seguito della variazione delle ore di luce nella fase di passaggio dal periodo estivo a quello autunnale.
In buona sostanza, i capelli raggiungerebbero la massima velocità di crescita in estate e contemporaneamente, nel periodo giugno – agosto, si verificherebbe la percentuale più alta di capelli in fase Telogen (fase di eliminazione).
Ne consegue, che la maggior caduta si osserverà nel periodo autunnale, ossia tre mesi dopo, quando questi capelli cadranno al termine della fase Telogen.
Ad onor del vero, esiste anche una perdita stagionale concentrata nel periodo primaverile, particolarmente evidente nei soggetti che soffrono di alopecia andro-genetica.
Va da se ovviamente che mentre una semplice perdita stagionale non deve generare alcuna preoccupazione, e può essere affrontata con l’uso di prodotti delicati ed erbette, una perdita consistente deve essere trattata esclusivamente dallo specialista.
Al di là delle evidenti differenze, tra i due sessi, sulle cause più frequenti o sulla modalità di caduta degli stessi, preme osservare come le carenze alimentari, la stagionalità, alcune malattie o l’assunzione di certi farmaci possano provocare un aumento nel numero di capelli che cadono.
Negli uomini, la causa più frequente di caduta dei capelli è la cosiddetta “alopecia andro-genetica”:
il nome deriva dal greco antico “alopex”, che significa “volpe” (perché questo animale perde il pelo in modo massiccio nella muta stagionale) ed “Andro ” che indica l’elemento “maschile”, in quanto gli ormoni androgeni, tipicamente maschili, sono fortemente implicati in questo fenomeno.
Il termine “genetica” sta invece ad indicare una predisposizione familiare ereditaria (prevalentemente dal lato materno), che è un fattore decisivo nell’insorgenza della calvizie precoce.
In particolare, risulta essere di origine ereditaria il livello di sensibilità ai recettori ormonali, che reagiscono alla presenza degli ormoni androgeni nel sangue: più i recettori sono sensibili, più basse saranno le quantità di ormoni capaci di stimolarli.
La maggiore quantità di tali recettori è concentrata nella regione frontale ed al vertice del cranio, zone tipiche della calvizie precoce, mentre la nuca è la zona più risparmiata.
Ne consegue, che per effetto degli ormoni androgeni, nelle zone del cranio a più alta concentrazione di recettori, si avvia un processo progressivo di accorciamento del ciclo di vita del capello al termine del quale il follicolo avrà esaurito precocemente la sua “riserva” di nuovi capelli, e si atrofizzerà definitivamente.
L’alopecia andro-genetica colpisce, in modo più o meno accentuato, circa il 50% degli uomini sotto ai 50 anni; un ulteriore 30% si riscontra dai 50 anni in poi, portando all’80% il totale degli individui di sesso maschile alopecici.
Nei soggetti predisposti, il processo inizia non appena l’attività ormonale si fa intensa, già durante la pubertà. L’intensità e la gravità del fenomeno sono ereditarie, ma esistono mezzi per rallentare notevolmente l’evoluzione della calvizie e più precocemente si cominciano i trattamenti di prevenzione, maggiori sono le probabilità di conservare i capelli il più a lungo possibile.
Nella donna, invece, nella maggior parte dei casi la caduta è reversibile, e prende la forma di un diradamento omogeneo di tutta la capigliatura.
Le cause più frequenti sono legate a brusche variazioni ormonali (classico il dopo-parto), a diete dimagranti particolarmente drastiche e sbilanciate, a momenti di stress psicofisico acuto.
Esiste anche una forma di alopecia andro-genetica, analoga a quella maschile, che si manifesta dopo la menopausa o come conseguenza di forti squilibri ormonali patologici.
Alcune patologie, più o meno gravi, possono provocare, sia negli uomini che nelle donne, il fenomeno del Telogeneffluvium, ossia il passaggio simultaneo di un elevato numero di follicoli dalla fase di crescita a quella di eliminazione.
Tra le più comuni: l’anemia, il diabete mellito, l’insufficienza epatica o renale, le malattie della tiroide, la pancreatite, la polmonite e gli interventi chirurgici.
Anche l’uso di molti farmaci può determinare od accentuare la caduta dei capelli. Tra i tanti farmaci ricordiamo i chemioterapici, i contraccettivi orali, gli antitiroidei, gli antipertensivi, gli ipercolesterolemizzanti, il tallio, il mercurio, il litio, lo iodio, il selenio e la ciclosporina A.
Come facilmente si potrà intuire, se i follicoli hanno già esaurito tutta la loro riserva di capelli, non esistono trattamenti in grado di riattivarli, escluso probabilmente il cosiddetto autotrapianto, che consiste nel prelevare i follicoli della nuca e reimpiantarli nelle zone diradate.
Intervento, da eseguirsi a cura di medici specializzati, e mai da soggetti improvvisati conosciuti sul web. Risulta, però, difficile trattare zone troppo vaste.
La forfora e/o l’eccesso di sebo possono accompagnare la caduta dei capelli, e ne costituiscono un fattore aggravante, perché producono uno stato di micro-infiammazione del cuoio capelluto che accelera l’indurimento delle fibre di collagene che circondano la radice, soffocandola.
Non a caso, normalmente, i trattamenti “anti-caduta” contengono anche principi attivi sebonormalizzanti.
Come precedentemente detto, in presenza di una caduta ingente o cronica, l’unico punto di riferimento deve essere lo specialista.
In assenza di stati patologici, invece, l’utilizzo di prodotti bio (quindi delicati e dermocompatibili) e soprattutto di erbette ayurvediche può rivelarsi di estremo aiuto.
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